Cacciamani ai dreamers: “Fatevi furbi, non gelosi delle competenze altrui. Contaminatevi! Esplorate!”
Nel terzo panel della rassegna Giffoni Next Generation di Giffoni Innovation Hub i ragazzi del Dream Team impegnati in questi giorni di lavori hanno avuto l’occasione di confrontarsi con professionisti del settore audiovisivo alle prese con i grandi cambiamenti tecnologici e paradigmatici che stanno aprendo non solo ai new media ma ad un crossover tra questi. Non senza problematiche e dubbi.
Nella Sala Coworking, moderati dalla giornalista Valentina Ariete, si sono susseguiti gli interventi di Manuela Cacciamani, founder di One More Pictures srl e presidente dell’Unione editori e creators digitali di Anica, l’Associazione Nazionale delle Industrie Cinematografiche, Audiovisive e Digitali), Laura Corbetta, CEO e founder di YAM112003) e Carlo Rodomonti, responsabile marketing strategico e digital di Rai Cinema. In collegamento invece ha dato il suo contributo Gaia Tridente, direttrice del MIA, Mercato Internzionale dell’Audiovisivo). A seguire invece vi è stata l’intervista ad Alessandro Loprieno, CEO e founder di Weshort.
“I new media non hanno più solo una funzione ludica ma anche sociale – ha introdotto il panel Valentina Ariete – Possono farci compiere tante azioni tempo fa incredibili come ad esempio farci scoprire i musei e tanto altro. Anche l’informazione ha iniziato ad usare mezzi veloci come Tik Tok”.
New media, gli interventi degli ospiti
Crossmedialità, cooperazione e competizione tra aziende, la necessità d’individuare i veri talenti e tanto altro i temi di cui si è discusso in sala.
“Abbiamo la ferma volontà di creare un ponte sano, trasparente e funzionale per far crescere i linguaggi del digitale anche all’interno dell’industria cinematografica – ha affermato Manuela Cacciamani – Un mondo in cui tutti questi ragazzi stanno crescendo. Quello che ci dà soddisfazione è che abbiamo al nostro interno aziende del Nord, del Centro e del Sud, a dimostrazione che l’industria dell’arte digitale sta crescendo in maniera democratica. Uno dei vantaggi del digitale è davvero la cooperazione. Quando ho iniziato io, per arrivare a proporre un modello di business ad un contatto dovevo prima fare una precisa trafila prima di arrivare all’interlocutore. I giovani di oggi invece, per arrivare ad una persona lo contattano direttamente su Instagram.
Uno dei temi è stato quello del talento e della contaminazione di esperienze positive.
“Si può essere geni del digitale, conoscere a memoria tutti i segreti di una nuova tecnologia, ma quello che vince è sempre il talento. I creators sono dei geni senza dubbio, poiché applicano la capacità di saper intrattenere insieme a quella di usare tecnologie digitali per fini anche commerciali. Tutto va sempre abbinati alla capacità. Non credo che chi sappia solo usare algoritmi possa vincere sulla potenza della storia. Un consiglio da dare ai dreamers? Siate furbi e non gelosi delle competenze dell’altro. Contaminatevi! Esplorate!”
“Il lavoro che sta nascendo da parte di tanti player internazionali sugli Nft e le altre tecnologie digitali sta ampliando notevolmente il raggio d’azione delle società che operano in contenuti classici – ha affermato Gaia Tridente in collegamento – C’è la volontà oggi di lavorare su contenuti più specifici per determinati new media. E in questo molti impulsi sono arrivati dalla pandemia, laddove era necessario non spostare le troupe, ad esempio, dagli studios. Ciò ha portato a dover immaginare nuove vie, anche non fisiche, per creare storie e prodotti”.
Tra i tanti mondi del digitale vi è la realtà virtuale che già da anni sta sperimentando, con fortune alterne, l’esperienza del cinema in VR.
“Le produzioni in VR hanno senso se aggiungono qualcosa di significativo all’esperienza – ha affermato Carlo Rodomonti di Rai Cinema – Oggi, abituati a vivere in maniera distratta e veloce, tra le poche esperienze immersive troviamo paradossalmente il cinema in cui ci si ferma a godere uno spettacolo. La VR, in questa accezione, è quello strumento che ti permette di fare lo stesso e di sganciarti da tutto, comodamente da casa. Creare un mondo del genere fa un po’ paura ma di certo ti fa reimmaginare la grammatica di una storia, i suoi linguaggi, i suoi messaggi. Pensiamo ad una scena come quella iniziale del film IT. Avvicinarsi a quel tombino in VR rende tutta la storia molto più potente”.
Con Laura Corbetta si parla molto di Brand Entertainment. “Quando pensiamo ad un’azione di Brand Entertainment – ha affermato Corbetta – penso alla Guida Michelin. La Michelin fa pneumatici, ma con quella guida divenuta famosa in tutto il mondo ha fatto si che il suo brand viaggiasse ovunque. La vicinanza del Brand Entertainment è da sempre molto importante per il cinema. Un drive di sperimentazione dove la narrazione, per le aziende, non è più solo un prodotto. Si ha la necessità di presidiare tutti i canali, tutte le piattaforme, creando opportunità soprattutto per le giovani generazioni. Parlando di canali, oggi viviamo in un mondo in nell’iceberg del mainstream, You Tube rappresenta l’enorme parte sommersa. Un content creator di You Tube ha delle regole molto diverse. Ai ragazzi posso suggerire di non farsi abbagliare dalla facilità delle tecnologie digitali. Oggi magari pensate di essere i creator migliori del mondo perché avete avuto una buona idea. Ma per quanto dura? Un giorno? Il giorno successivo si sentirebbe l’assenza dell’esperienza. Il talento è fondamentale ma l’assenza di studio alla lunga si sente, e si finisce nel dimenticatoio così come si è saliti alla ribalta. Vi è anche un problema di linguaggi adatti. Un esempio? Pensiamo ai lavori di Ferzan Ozpetek: capolavori del cinema. La serie Netflix sempre di Ozpetek? Decisamente non all’altezza dei film. Non è quindi scontato che chi lavori su una piattaforma possa avere lo stesso successo in altri formati”.
“Non è vero che Tik tok sia solo leggerezza – ha continuato sull’argomento Rodomonti – Abbiamo riproposto, nel formato da un minuto, dei contenuti di Rai Cinema di 10 anni fa. Hanno avuto milioni di visualizzazioni. Cerchiamo sempre di osservare questi nuovi mezzi per capire come funzionano ma assolutamente il cinema non deve perdere la propria identità, anzi. Un film bellissimo di tre ore dovrà durare tre ore”.
Di altri formati infine si è parlato con Alessandro Loprieno, CEO di Weshort, società improntata sulla produzione di corti cinematografici. “In Weshort abbiamo una missione – ha esordito Loprieno – quella di rendere i corti una scelta quotidiana d’intrattenimento per il grande pubblico e non solo una palestra per registi di lungometraggi. Il nostro obiettivo è quello di valorizzare il lavoro, il linguaggio, il messaggio di un cortometraggio rendendolo la terza arte insieme ai lungometraggi e alle serie tv. Parte della nostra missione inoltre è quella di valorizzare i talenti che hanno un modo di narrare innovativo, sia tramite linguaggio sia tramite il matching della musica con l’immagine. Penso ai primi 5 minuti de La Grande Bellezza o ai film di Quentin Tarantino. Pensiamo ai videoclip musicali, che noi chiamiamo music shorts. Non sono altro che storie con un unico fondo musicale”.
Sarà possibile quindi, un giorno, vivere i cortometraggi ad esempio al cinema? “Stimo già dialogando con le grandi catene di sale cinematografiche per per sviluppare il discorso dei corti nei cinema. Pensiamo di proiettare un corto prima di ogni film. Tale innovazione potrebbe movimentare lo stato emotivo dello spettatore prima di vedere il film per il quale è venuto in sala”.