Round Table “Pubblica Amministrazione 3.0”: come eliminare la distanza tra innovazione e PA. (Demo) (Demo)

Tante le intuizioni fornite dall’incontro dei vari personaggi di spicco seduti al tavolo organizzato da Giffoni Innovation Hub in collaborazione con axélero

Un vero e proprio brainstorming per mettere in evidenza i problemi e scoprire le eventuali soluzioni da poter utilizzare per colmare il gap tra Pubblica amministrazione e il nuovo mondo digitale. Di questo e di molto altro si è discusso durante la Round Table “Pubblica Amministrazione 3.0“, organizzata da Giffoni Innovation Hub in collaborazione con la internet company italiana axélero.

Tante le presenze che si sono confrontate nella sala delle Antiche Ramiere: Costantino Caroppo, chief corporate development officer di axélero; Egidio Murru, head of digital sales training di axélero; il COO Stefano Cereseto di axélero; Mario De Rosa, responsabile per la comunicazione multimediale del presidente della Regione Campania; Roberta Maggio, coordinatrice comunicazione web Palazzo Chigi e Ewelina Jelenkowska – Lucà, responsabile Media e Social media Commissione Europea in Italia, Paolo Neirotti, docente di Economia ed Organizzazione Aziendale e di Strategy and Organization presso il Politecnico di Torino e Giuseppe Ariano, social media strategist della Galleria degli Uffizi. All’incontro, moderato dal content manager di della piattaforma di crowdfunding DeRev, Claudio Calveri, si sono poi aggiunti Valeria Fascione, assessore alle Startup, innovazione e internazionalizzazione della Regione Campania ed il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti.

«La Pubblica amministrazione deve agevolare l’interazione con i cittadini e le nuove generazioni – ha esordito Cereseto di axélero – I social media sono lo strumento più forte per parlare alle persone giuste nel momento giusto. Coinvolgere i giovani è fondamentale. Ecco perchè siamo oggi qui insieme a voi per condividere e costruire. Quale migliore partner per fare ciò se non Giffoni Innovation Hub?».

«Quando sono arrivata a Palazzo Chigi nel 2015 – ha confessato Roberta Maggio – ho saputo che il sito ufficiale risaliva al 1999. Un’altra era geologica insomma. Il gap non era solo di linguaggio ma anche tecnologico e culturale. Fortunatamente lo stesso premier Renzi ha sposato l’idea del social e questo ci ha facilitato l’arduo compito. Dopo il sito del Governo, molte altre istituzioni hanno deciso d’adeguarsi, in un effetto domino che oggi sta coinvolgendo anche Comuni ed altre realtà».

Il processo di digitalizzazione della comunicazione per la P. A. che non riguarda solo le istituzioni nazionali ma anche quelle europee, come conferma Ewelina Jelenkowska: «La prima sfida delle istituzioni europee – afferma – è mettere in evidenza la nostra identità. Una delle maggiori difficoltà è che i social viaggiano sull’onda dell’emotività mentre le istituzioni utilizzano comunque un linguaggio più tradizionale che comunque va curato. Inoltre, ci si avvia verso un tipo di social sempre più a pagamento, e non ci si può permettere di usare risorse dei contribuenti per farci pubblicità».

«L’istituzione, in questo caso la Regione Campania, ha l’obbligo di raccontare al cittadino quello che si produce, i risultati raggiunti e quello che si ha intenzione di fare ancora – ha invece affermato De Rosa – E lo deve fare stravolgendo tutto il lavoro, cambiando non solo l’approccio del dipendente ma generando anche piattaforme maggiormente accessibili all’utente».

«Valorizzare il patrimonio culturale del nostro Paese via social  – ha concluso invece Ariano – è fondamentale. Nel 2009 c’erano centinaia e centinaia di utenti al giorno che scrivono al sito del MiBact per contestare anche le più piccole deficienze. All’inizio ci trovammo spiazzati mentre oggi invece abbiamo creato un piano editoriale su Twitter e le opere degli Uffizi girano anche in Giappone. Fu tramite sondaggio in rete infine che decidemmo di lanciare l’idea, molto apprezzata, dei musei aperti di domenica. Cosa manca? Sicuramente il personale e la presenza di persone che parlino quantomeno l’inglese».

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